mercoledì 25 febbraio 2009

OTTAVA PUNTATA

Dalle frequenze di Ko de Mondo siete sintonizzati su Radio Rukki Power, la radio clandestina che manda quello che vuole, e se ne fotte del resto.
Ora che Sanremo è finito si può finalmente parlare di musica senza inciampare in Albani imbarazzanti o Patty Prave afone.
Vado subito al dunque.
Conoscete SON?
No, non lo conoscete, perchè siete delle bestie triviali e ignoranti, ed è per questo che vi amo, fratelli rukki. Perchè con voi posso pascere il mio ego ipertrofico e sciorinare la mia pur infima competenza musicale, sicuro di avervi regalato un pezzo di saggezza e essermi concesso un pezzo di vita eterna. E' come tirar fuori un colore quando l'altro ha full. Si ha il sottile piacere del dominio, che è ancor più dolce del fruscìo delle fiches che ti si accalcano davanti.
Insomma non conoscete SON e questo non vi fa onore. Ma Radio Rukki Power a cosa serve se non a farvi fare bella figura con la ragazza appena rimorchiata, alla quale chiederete: conosci SON? E lei vi guarderà con gli occhi straniti, rispondendo con un imbarazzato diniego del capo.
E allora voi, che siete degli eletti, che fate parte di un circolo ristretto di iniziati, che siete dei rukki, perdio! Voi sfilerete il CD che dopo questa puntata avrete acquistato, lo introdurrete nel lettore con gesto sicuro e le farete ascoltare "Song of Solitude", la quinta traccia di WASTED TIME.



Ciò nonostante non avrete la certezza che ve la darà. Perchè siete pur sempre dei rukki e con tutta la buona volontà e il talento di SON, il vostro sfigometro sarà sempre oltre il livello di guardia.
Ma per quei pochi fortunati che non si sono ancora suicidati dopo questa ineluttabile consapevolezza, voglio approfondire l'argomento.
Chi è SON?
Al secolo Pasquale Caprino, di Paestum, in provicia di Salerno. Già, un italiano. Uno di quelli che a Sanremo non c'era e se ci fosse stato, probabilmente sarebbe arrivato ultimo se è vera la regola dell'inversamente proporzionale e se è vero che non ha vinto la splendida Maria Carta, ma l'insulso omonimo prodotto di quel vivaio di spazzaura musicale che risponde al nome di Maria De Filippi. A proposito, ma che ci faceva a Sanremo la madrina di Canale 5? Un accordo bi-partisan? Io vengo a farvi audience e voi mi regalate il vincitore?
Ma sto divagando.
Torniamo a SON. Aggiungo un dato che non è per nulla banale: ha 22 anni.
Quindi ricapitolo: Pasquale Caprino, ventiduenne di Paestum (Salerno), "ha scelto di chiamarsi SON perché si sente figlio dei generi musicali che ascolta e che hanno contaminato il suo modo di fare musica" come recita la sua biografia.
Potrei fermarmi qui e intimarvi di approfondirne la conoscenza con tutti i mezzi a vostra disposizione, ma oggi mi sento buono e vado avanti.
Ho ascoltato il suo disco e mi sono goduto l'eterogeneità delle composizioni, il grande pathos di una voce matura, concreta, nonostante la giovane età, e quella piacevolissima sensazione di averlo già sentito da qualche parte.
Perchè i riferimenti sono chiari, senza mezzi termini, senza nascondersi dietro un dito. Mi fanno ridere quelli che rinnegano le loro influenze anche quando sono così palesi da sembrare plagi. Invece lui no. Lui i riferimenti li sbandiera a cominciare dal suo stesso nome. Stiamo parlando di Beatles, Springsteen, John Denver, Dylan e scusate se è poco!
Ma dopo il primo ascolto di Wasted Time ti rendi conto che il motivo per cui proprio non ci riesci a toglierti dalla mente quelle melodie non sta nei padri spirituali che ci stanno dietro, ma in qualcosa di molto più semplice e potente: quelle canzoni hanno una inspiegabile forza, un dinamismo melodico e armonico che fa pensare all'entuiasmo degli anni di cui sono figlie, che ahimè, non sono i nostri. E alla cosa che come ho avuto già modo di dire su queste frequenza, nella musica ha più valore della musica stessa: la sincerità.
"Tell me why don't we go back in time" recita Song of Solitude. "Dimmi perchè non torniamo indietro nel tempo?".
Ecco un giovane di 22 anni, che fa musica ispirandosi ai grandi della storia del rock con l'umiltà di chi non vuole misurarsi, ma inchinarsi di fronte ai maestri. E te lo dice a chiare lettere: io sono il loro figlio musicale, questi sono i miei ispiratori. Con disarmante, stupenda, sincerità. Se a qualcuno Song of Solitude è sembrata un mix ben riuscito tra Across the Universe e We shall overcame, trova la risposta in quel verso "Why don't we go back in time?", perchè non tornare a quando la musica era migliore?
SON lo ha fatto, creando quello che lui stesso definisce "uno zibaldone, un'accozzaglia di brani che hanno il sound come unico filo conduttore".
Avrei voluto essere nella sua cameretta con i poster di John Lennon alle pareti; avrei voluto stare lì ad ascoltare con lui la musica che lo ha ispirato; avrei voluto avere il privilegio di vedere nascere un talento.
Ma il tempo è il più feroce degli assassini. Quello stesso tempo che fa da filo conduttore nelle composizioni di SON, oggi ci restituisce qualcosa.
Ascoltatelo anche voi, prima che sia troppo tardi.



Buonanotte rukkacci della malora.

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