giovedì 29 gennaio 2009

Puntini sospensivi

Non ho mai amato la tua musica, non ti ho mai considerato una penna illuminata. Avrei potuto fare a meno di ascoltarti.
Forse eri troppo reazionario, o forse semplicemente retorico.
Non mi piaceva la tua goffa enfasi, nè il tuo cantare antico.
Non sei mai stato dentro il mio i-pod e non ci sarai nemmeno adesso.
Ma ho sempre detestato chi ti prendeva in giro rozzamente, chi ti dedicava sberleffi pacchiani, chi, a onta del tuo pubblico, ti trattava come un fenomeno da baraccone.
Perchè anche tu eri un rukko.
Un giorno, giù in Calabria, il tuo tecnico del suono mise Simon & Garfunkel per provare le casse. Mi dicesti con gli occhi lucidi "Ogni volta che ascolto Simon & Garfunkel mi viene in mente questa immagine: una Dyane color aragosta, pochi soldi per la benzina e il mare."
E' stato il solo momento in cui la tua musica è entrata in contatto con la mia.
Quella canzone adesso è il mio saluto.



Ciao Mino

Rassegna stampa n.2

Mi aggiravo come Zio Paperone nel parco e, come lui, ho trovato un giornale (non proprio fresco di giornata) per la rassegna stampa. Vado un po' a casaccio, ma stavolta parto dal fondo, sfogliando al contrario.

Vediamo un po'... uhmmm... Cultura e società: Inno al bianco di Chanel e la carta diventa una seta. Ah... si parlava di alta moda, credevo fosse una nuova dieta. Decisamente non sono portato per queste notizie.
Indagando nelle pagine della finanza scopro che Yahoo sta pensando di comprarsi il New York Times, mentre il Vietnam può essere il trampolino per Asia e Cina. Ueilà, un nuovo Vietnam?

Esteri: Oregon, folle spara in un locale. E' grave una ragazza italiana. Sarò retorico, ma laddove le armi le può comprare chiunque e dappertutto... prima o poi...
Andiamo avanti. In USA, Obama apre all'Islam, in Francia Sarkozy lancia un piano per combattere la crisi dell'editoria. Beh... almeno fanno qualcosa.

Veniamo a noi... allora... Veltroni: sfido il premier a un duello tv. Penso che a fornire le spade ci sarà la fila.
Alfano la spunta sulle intercettazioni, mentre AN sposa Forza Italia. Complimenti!! Auguri e figli maschi.
Calderoli torna all'attacco con la castrazione chimica (deve aver letto la notizia precedente pure lui).

Toh... eccomi in prima pagina e... beh, curiosa. Titolo: BASTARDI! Ma... si riferiscono a loro?


Ehm, no, mi ero sbagliato. Mentre andava in onda il pezzo mi sono letto l'articolo. In effetti non c'entrano niente i "Bastard Sons of Dioniso" questi ragazzi che partecipano a X-Factor e che l'altra sera mi sono piaciuti tantissimo nella rivisitazione di questo storico pezzo dei Corvi. Bravi e brava la Maionchi che li sta portando su. Ma in effetti, mi sembrava strano che avessero già conquistato addirittura la prima pagina del giornale.
Allora, si parla invece dei 5 romeni arrestati per lo stupro di Guidonia, che stavano per essere linciati dalla folla. Bene, bene... leggiamo un po'. Anzi, no, non voglio nemmeno leggere. Io sono contento che li abbiano arrestati, e ora che li chiudano dentro e buttino via la chiave. Mi auguro che sia così.
Ma quanta tristezza nel rendersi conto di vivere in uno Stato che invece di difendere i suoi cittadini si trasforma in Far West, dove i cittadini la giustizia devono farsela da sè. Dove la folla si esalta alla vista del sangue, dove gli "sceriffi da bar" ormai imperversano dappertutto e sono pure incoraggiati da chi dovrebbe stare in alto. Su quegli scranni ormai inutili, vuoti di idee e di pensieri.
Povera patria!


Non mi piace la "giustizia fai da te". Non mi piacciono i linciaggi pubblici. Non mi piace l'idea di dovermela prendere con chi è sotto di me, quando in alto vengono fatte le più grosse porcate. Non mi piace il simpatico Premier che ride sempre e fa battute da bar: Ci vorrebbe un poliziotto per ogni bella donna. E' un uomo politico questo qua? Ho sentito in giro le donne brutte che se la sono presa. Ma dovrebbero prendersela tutte le persone dotate di un minimo di buon senso e raziocinio. Non mi piace che non esista un'opposizione. Non mi piace che l'unica voce fuori dal coro sia quella di Beppe Grillo (peraltro non considerata dai "media ufficiali"). Non mi piace questa italietta fatta di furbetti che guardano solo il loro orticello. Non mi piace che coloro che dovrebbero guidarci stiano lì solo ed esclusivamente per loro tornaconto personale, per alimentare una oligarchia così vecchia, marcia, impudente. Ma intoccabile. Purtroppo.
Almeno per ora, perché anche qualcun altro era intoccabile, poi all'Ergife le cose andarono come andarono. E non mi piace nemmeno questo. Non mi piace l'infiammabilità della gente. Della "loro" gente. Perché a tirare monetine c'erano andati i suoi. Quelli che gli avevano dato retta per anni. E non mi piace che possiamo essere così ciechi da seguire una persona per anni come un Messia e poi all'improvviso, quando si scoperchia il calderone (e prima o poi i calderoni si scoperchiano) lasciarsi andare a qualcuno che grida: aux armes citoyens!


La Marsigliese fa sempre il suo effetto, sì. Ma sono altri tempi. Se vogliamo, non ne abbiamo bisogno. Almeno, credo, ma in fondo... non sta a me nè dirlo nè fare morali.
Quindi... casino!!!


Ecco.. e ora che, come al solito, ho una gran confusione in testa, è meglio se raggiungo gli amici al tavolo per un bel poker. Almeno mi rilassa e mi fa dimenticare per qualche ora lo schifo che mi vedo attorno. E poi... per rincorrere i mulini a vento, c'è ancora tempo.



Cin cin, rukki!!!

lunedì 26 gennaio 2009

SESTA PUNTATA

Cos'è la musica popolare?
Che differenza c'è con il pop(ular)?
Beh, per quelli come me che sono cresciuti negli anni '80, la musica popolare è Michael Jackson, Madonna, tutto ciò che passa da Sanremo, i Duran Duran, ma anche Vasco, Ligabue... e perchè no, Elvis, i Beatles, i cantautori.
C'è stato un momento in cui tutto era musica popolare, fatta eccezione forse, per Luigi Nono, Luciano Berio, Karlheinz Stockhausen e pochi altri "noiosi oltranzisti intellettualoidi".
Insomma la differenza era di sostanza, non di forma.
Niente di più sbagliato.
Pop, la definizione più abusata del secolo, è un'attribuzione posticcia. E' un'etichetta di fruizione, non un canone stilistico.
Mi spiego meglio:
Dimitri Shostakovich ha scritto la sua "Suite de Jazz" negli anni trenta. Non fatevi ingannare dal titolo, non c'è nulla di meno jazzistico al mondo, ma si tratta di composizioni dal gusto classico, soprattutto valzer decadenti in linea con il gusto imperante all'epoca nei salotti borghesi dell'Est Europa (quelli descritti da Sandor Marai in "Confessioni di un borghese" per intenderci).
Sessant'anni dopo Stanley Kubrick inserisce il Valzer N.2 della "Suite de Jazz" nella colonna sonora di Eyes Wide Shut, il film con Tom Cruise e Nicole Kidman protagonisti.
Ed ecco il miracolo: un valzer di Shostakovich esce dall'empireo colto e diventa POP.
Quale potrebbe essere l'accostamento stilistico tra Valzer N.2 e Gold degli Spandau Ballet? Ovviamente nessuno.
Eppure sono pop entrambi, perchè entrambi hanno un ambito di fruizione allargata.
In poche parole è pop tutto ciò che piace e ha successo di massa, indipendentemente dal genere, indipendentemente dallo stile e, udite udite, indipendentemente dalla qualità.
Può essere più POP Beethoven di un Nino D'Angelo convertito all'etnico che rimane nella sua nicchia. Ma ancora di più, è certamente più POP Bach degli Agricantus.
Siamo noi a decidere. E' il popolo (POP) che per la prima volta è davvero sovrano. Ognuno di noi contribuisce a far diventare un disco POP.
E' un po' come lo scrittore che lascia il romanzo nel cassetto. Finchè nessuno lo legge lui, pur avendolo scritto, non sarà mai uno scrittore.
Un quadro, finchè nessuno lo vede, non è arte. Fosse anche Monnalisa.
Un disco, se non vende, non è POP. E lo stile non c'entra nulla.
E allora mi fanno ridere quelli che mettono etichette a tutti i costi, che quando ascoltano un brano sanno già appenderlo ad una categoria. Avrei sfidato chiunque, ascoltando Valzer n.2 negli anni '80 a definirlo POP; e invece le vie del pentagramma sono infinite!
Però... come sempre c'è un rovescio in questa medaglia.
Appurato che ciò che vende è POP e dato per scontato che nessuno fa un disco per evitare che venga venduto (eccezion fatta, forse, per i Cocteau Twins!), l'industria discografica ha stabilito alcuni parametri vitali, senza i quali un disco non viene prodotto.
Ed ecco il mostro! Il POP costruito a tavolino.
Dalla fine degli anni '70 in poi, il POP diventa stile in quanto "intenzionalmente creato per vendere".
Quel genuino intento di fare arte che solo accidentalmente (o comunque nelle speranze di chi lo proponeva) accedeva al mercato e diventava POP, da quel momento in poi diventa POP in partenza. Quella che prima era un'attribuzione "a posteriori", dipendente esclusivamente dal gradimento, oggi è stile, modus operandi, genere musicale.
Oggi siamo tutti in grado di stabilire, come in un processo alle intenzioni, se un brano è POP, anche se ancora l'ha comprato solo la zia e la fidanzata dell'autore.
Tutto questo a scapito di cosa?
Di ciò che nella musica ha, forse, più valore della musica stessa: LA SINCERITA'.
Mi sto contraddicendo? Si', mi sto contraddicendo. dimenticate tutto ciò che ho detto finora. Il POP è, tristemente, drammaticamente, uno stile, un genere (non solo musicale, sia chiaro).
E non sto ad addentrarmi nelle definizioni care a Andy Wharol, nè a entrare nel ginepraio sofistico che differenzia POP da POP ART. Vi basti sapere che secondo le definizioni più estreme è POP tutto ciò che è riproducibile. Per essere ancora più estremi (ma anche semplicistici): un quadro è arte, la sua riproduzione è POP.
Un quadro che nasce già per essere riprodotto (vedi la Marylin di Warhol) è POP ART.
Ho bisogno di un sorso di Absolut, sto iniziando a perdere il filo!
Ahhhh ecco! Ora va meglio.
Ma perchè vi sto raccontando tutto ciò?
Per un semplice motivo. Voglio farvi ascoltare un po' di musica popolare. Quella vera, quella che non ha bisogno di nulla per essere tale, quella che nasce dalle radici, quella che venda o non venda, piaccia o non piaccia, è e sempre sarà musica popolare, quella che non ha bisogno di scaltri discografici per diventare tale, che non ha nulla di costruito, perchè viene da lontano, lontanissimo. Un esempio?



Che io sia un fan dei MATTANZA ormai non è un mistero, ma non è per questo che ho scelto questa loro "Vitti na crozza".
L'ho scelta perchè è un simbolo. Il simbolo di qualcosa di enorme, potente, antico. Questa cosa si chiama RISPETTO.
Non fraientendetemi, dopo POP, la parola RISPETTO è la seconda più abusata del secolo. "Non faccio l'amore con lei perchè la RISPETTO" (???) "E' un uomo di RISPETTO" (Ma chi? Riina?????). "Il nostro partito RISPETTA le tradizioni" (SIC!).
Il RISPETTO di cui parlo qui è qualcosa di molto più grande: è il rispetto per tutti noi. Ed è il rispetto per chi aveva qualcosa da dire.
"Vitti na crozza" la conoscono tutti, ma ditemi, fratelli rukki, non avete notato qualcosa di strano in questa versione?
Rifletteteci un po', io intanto accendo una Chesterfield.
Non vi è venuto in mente niente? Riascoltatela.
Ancora niente?
Beh manca qualcosa. Manca il famigerato "TIRULLALLERU".
Alla fine della strofa siamo tutti abituati a sentire questo malefico inciso. TIRULLALLERU.
Malefico perchè posticcio e per l'appunto IRRISPETTOSO.
Malefico perchè banalizzante.
Malefico perchè costruito a tavolino: tutto deve diventare ballabile e una banale cellula sonora inserita in questo contesto allegerisce e rende POP il brano.
Ma siete mai andati oltre il TIRULLALLERU? Vi siete mai soffermati sul testo?
Vi aiuto, traducendo una delle strofe più significative:
"Se ne sono andati i miei anni, se ne sono andati non so dove.
Ora che sono arrivato a ottant'anni, chiamo la vita ma è la morte che mi risponde..."
Ecco, a questo punto a qualcuno è venuto in mente di inserire un gioioso, ballabile, allegro "TIRULLALLERU LLALLERU LLLALLERU LLALLA'!"
Ma pensate davvero che l'autore, dopo aver scritto quelle parole, avrebbe mai concepito un abominio simile? Naturalmente no. E infatti questo brano che ha radici lontanissime, è stato barbaramente rivisto e corretto negli anni da altri autori, da pseudo arrangiatori, che lo hanno ridotto a parodia di sé stesso, mancando di RISPETTO all'autore, ma soprattutto, mancando di RISPETTO a noi tutti.
Mi ricordo quando con Mimmo Martino andammo a vedere il concerto di un mostro sacro della musica etno/popolare di cui non faccio il nome. A un certo punto venne fuori "Vitti na crozza" con tanto di TIRULLALLERU allegato.
Feci una fatica enorme a trascinare fuori Mimmo che urlava "vergogna!" e rischiava un infarto. Forse fu allora che si decise ad inciderla con i suoi Mattanza in una versione finalmente "non deliberatamente POP".

Se da questo avete dedotto che "POP = mancanza di RISPETTO", forse siete stati manichei, ma non lontani dalla verità. Ciò che diventa POP perchè merita di essere conosciuto è un conto, ciò che nasce POP per essere conosciuto (e venduto)in fretta è un altro. Ma amici rukki, rifletteteci la prossima volta che comprate un disco. Non permettete che vi prendano per il culo. Esigete RISPETTO da chi vi fa pagare 25 euro un CD. E se proprio non potete fare a meno di quel motivetto che avete in testa da giorni... SCARICATELO GRATIS, abbuffatevene e cancellatelo, prima dai vostri files, poi dal vostro cervello. Che lo spazio è limitato sapete? E di musica da immettere ce n'è tanta.
Come quella che sto per farvi ascoltare: un gruppo che non c'è più, una "bella figliola che si chiama Rosa", una canzone nata per emozionare, non per vendere. Signori Rukki: i KUNSERTU.



Ora voi potreste dirmi: si' ok Bico, ci stai propinando che la musica vera deve essere triste, impegnata, intrisa di sociale, o cantare l'amore onirico, che il ballabile equivale al mercimonio!
E chi l'ha detto?
Conoscete il Parto delle Nuovele Pesanti?
Un consiglio, alzate il volume. E divertitevi!



A volerla vedere tutta, questo "scherzo" del Parto è una visione illumiata del problema dell'immigrazione negli anni del dopoguerra... ma forse è la Absolut che comincia a fare effetto. Nel frattempo, come disse Fred Astaire prima di chiudere gli occhi per sempre: "Ho solo ballato".

Buonanotte Rukkacci.
Alla prossima puntata.

domenica 25 gennaio 2009

QUINTA PUNTATA

Vi siete mai chiesti da dove venite?
No, non la città o il paese, ma la vostra storia.
La vostra storia personale intendo, perchè siete quello che oggi siete, perchè fate quello che oggi fate, quali sono le radici del vostro pensiero politico, religioso, o semplicemente perchè impazzite per i gamberi e proprio non sopportate il tartufo?
Ve lo siete mai chiesti? Avete trovato risposte?
Io me lo sono chiesto oggi, forse per la prima volta.
Mi sono chiesto quando sono diventato un giocatore di carte, e ho scoperto che è stato molto prima di quanto immaginassi.
Era il 1986, avevo 13 anni e per caso vidi la scena finale di "Regalo di Natale", quella in cui Carlo Delle Piane mostra le quattro donne che condannavano alla rovina Abatantuono. Fu in quel preciso istante che diventai un giocatore di poker, anche se mi avvicinai a un tavolo vero solo parecchi anni dopo.
Da questo ho iniziato una catena a ritroso nel tempo, ho incominciato a costruire il mio puzzle. E' stato strano. Chi ha avuto un incidente in moto o ha vissuto una situazione di vero pericolo sa che è vero, che non è un luogo comune, che davvero ti passa la vita davanti, ma la vita vera, quei pochi istanti, quelle poche immagini che ti hanno fatto diventare quello che sei.
Si' amici rukki, la nostra vita è un pugno raso di immagini, di suoni, di parole. Niente di più. Il resto è il dovuto tributo all'incidente di essere nati.
Un amico mi scrive: "...Oggi, quando le alterne vicende della mia vita mi portano a riflettere, a pensare ai miei errori penso: il primo disco che ho comprato è stato 17 Re, non posso essere cosi' deficente come sto pensando in questo momento. Metto su quel disco, anzi quel vinile, e mi basta per illudermi di non essere un perfetto idiota..."
Leggendo queste parole mi sono fatto prendere dal panico. Il primo disco che ho comprato è stato "Holiday" di Madonna!
Ma poi ho pensato a quando sono diventato un giocatore e mi sono chiesto: qual è stato il primo disco che ho comprato DAVVERO.
E allora l'ho visto. Impresso nella mia memoria come una cicatrice di guerra, il momento in cui ho deciso che ruolo avrebbe avuto la musica nella mia vita. Il mio primo disco l'ho comprato molto tempo prima, quando nell'estate del 1980, una tv locale mandò un video, lo spezzone di un film. Non dimenticherò mai quei martelli che marciavano a passo marziale mentre attorno tutto era guerra, distruzione, morte. Quei ragazzini come me che marciavano verso il conformismo per essere stritolati da un enorme tritacarne, quel treno che portava in nessun luogo, o forse ad Auschwitz, o forse alla fine del mondo. E su quel treno quei volti, quelle maschere oscene, quell'identità perduta.
Senza saperlo, stavo anch'io costruendo un altro mattone nel mio muro.



Ho imparato a conoscerli tutti i mattoni del mio muro:

Un bambino che cade in un un pozzo, un bambino come me. In un luogo che senza quell'episodio sarebbe rimasto solo un cartello di strada statale: Vermicino.

Pertini che si alza in piedi esultante al secondo gol di Tardelli nella finale dell'82.

Una Renault 4 attorniata di persone, qualcuno che apre il baule posteriore e dentro c'è il cadavere di un uomo. All'epoca non sapevo neanche chi fosse Aldo Moro, nè me ne fregava nulla. Ma è stato il primo uomo morto che ho visto e che sapevo non essere finto come nei western che piacevano a mio padre.

I ragazzi di una scuola inglese che salgono sui banchi urlando "O Capitano mio Capitano".

Stefania Rotolo che balla fasciata da una tuta rosa.

Un giornale porno trovato sotto un sasso, dietro il canneto del giardino condominiale.

Goldrake in bianco e nero.

Il mio gatto schiacciato sotto i copertoni di una Fiat 850.

L'isola di Dino che appare all'improvviso dietro una curva della strada di San Nicola.

La bambina bionda che faceva i compiti alla luce della finestra di fronte alla mia.

Il negozio di peluche enormi dietro piazza Navona.

I Clash che cantano "Rock The Casbah".

Il pacchetto di N80 nascosto in una buca.

Mio padre vestito da Babbo Natale.

Bono Vox che pianta la bandiera bianca sul palco mentre un rullante scandisce il ritmo di una maledetta Domenica.

Uno stadio che diventa trincea, uomini morti, uomini feriti, sangue e lacrime. E Platini che segna su rigore.

Il volto ruvido di Osvaldo Bagnoli.

La ragazza dallo sguardo miope che nell'estate dell'89 mi faceva battere il cuore e sentire vivo, mentre attorno tutto odorava di gelsomino.

Il corpo di Gilles Villenevue che rimbalza sull'asfalto.

Un ragazzo dal volto triste e una chitarra in braccio.



Non sono ricordi. Non sono frammenti di memoria. Sono me. Quello che sono. E anche quello che non sono e forse avrei voluto essere.
Come un incidente al quale sono sopravvissuto.
Come un ricordo che mi sopravviverà.

Buonanotte rukkacci della malora.