venerdì 9 gennaio 2009

PUNTATA SPECIALE

Prima che inizi il valzer delle celebrazioni;
prima che si pronunci la frase di rito "Dieci anni fa se ne andava uno dei più grandi poeti italiani del novecento";
prima che l'onda mediatica avvolga di agiografia la sua vita e la sua morte;
prima che le radio tutte invadano l'etere con i soliti coccodrilli;
prima che venga tolto il lenzuolo alla grande statua virtuale,
voglio parlare di un grande rukko. Forse il più rukko di tutti.
Se non l'avete capito, questa puntata speciale è dedicata a Fabrizio De André.



Francesco Di Giacomo, storica voce del Banco del Mutuo Soccorso e Morgan, che prima di ergersi a Savonarola della musica d'autore nei programmi di canzonette, era l'oltranzista leader dei Bluvertigo, dedicano in tributo all'amico fragile questa "Bocca di Rosa".
L'ho scelta perchè, come già Flaubert per Madame Bovary, De André dichiarò: "Bocca di Rosa sono io". Ho scelto questa versione perchè mi è piaciuto l'esperimento di Morgan nel riarrangiare e riproporre "Non al denaro nè all'amore nè al cielo": l'ho trovato un tributo sincero a Faber prima e a Edgar Lee Masters poi. E mi piace questo inedito duetto con quella che ritengo una delle voci più importanti dell'intero panorama musicale italiano.
Ma voglio regalarvi una cosa e sono sicuro che mi ringrazierete a vita per questo.
C'è un gruppo di musica popolare, giù in Calabria, che da trent'anni produce grande musica ed è, naturalmente, ignorato dalle major. Si chiamano MATTANZA.
Senza addentrarmi nella loro sterminata e bellissima produzione, che però vi invito ad approfondire, vi segnalo una loro rilettura di grande acume interpretativo e suggestione proprio di "Bocca di Rosa". Non affrettatevi a cercarla su e-mule o youtube: non la troverete. Andate invece sul sito www.mattanza.org cercate tra i contatti e scrivete al mio amico Mimmo Martino, leader storico del gruppo, dicendogli che c'è uno stronzo su una radio clandestina che delira di una loro versione inedita di Bocca di Rosa. Ditegli che volete ascoltarla, ditegli che per una volta anche voi volete mettervi nei panni di "una vecchia mai stata moglie". Sono sicuro che vi accontenterà.
Nel frattempo "accontentatevi" di questa.



Non conoscevate la "Bocca di Rosa" di Peppe Barra?
Allora uscite subito da casa, andate al negozio di dischi più vicino e chiedete "Canti Randagi", il più originale tributo a Faber mai realizzato. Se non ce l'ha mandatelo affanculo e cercate altrove, ma non rinunciate.
Volete un altro esempio?



Se non vi sono venuti i brividi con questa versione di "Tre Madri" di Elena Ledda, allora cambiate stazione, qui non siete graditi. Perchè se un bastardo come me non resiste alla commozione su questo pezzo, non oso immaginare quanto cinico sia chi ne rimane indifferente. Troppo pure per questa radio!

Ma torniamo a Faber e iniziamo a scalfire qualche luogo comune. De André non era un poeta, se non nell'accezione più generalista e banale del termine. De André è stato un grande narratore, quasi un cantastorie, sicuramente un "trovatore".
De André è stato letteratura popolare. De André è stato cantore di provincia. De André è stato ricerca ed elaborazione. De André è stato lirica del reietto. De André è stato, è, e sempre sarà, soprattutto musica!
Affermare che sia stato un grande poeta non è soltanto escatologicamente scorretto, ma ancor più riduttivo e certamente banalizzante.
Fabrizio De André era un musicista, un enorme musicista, degno dell'empireo colto che fu di Bach e Mozart, con quel plus narrativo indirizzato verso una poetica (ho detto poetica, non poesia. Andatevi a cercare la differenza!) popolare, vicina all'epica greca, ma al rovescio. E'l'Odissea dalla parte dei Proci. O ancor meglio è "La chanson de Roland" senza indulgenze. E nella sua personalissima "lingua d'oca" ci ha regalato quello che David Byrne (ex leader dei Talkin'Heads) ha eletto ad album più importante del '900: si intitola "Creuza de Ma".



Di dov'era Fabrizio De André?
Genovese, senza dubbio. E lo senti senza bisogno di arrivare all'evidenza di Creuza de Ma. Lo senti e basta.
Ed era sardo. Per scelta e assonanza. Perchè voleva stare "là dove il giorno si perde a cercarsi da solo, nascosto tra il verde".
Ed era francese. Per gusto e formazione musicale. E perchè Brassens era francese.
Ed era italiano. In senso circolare, nella buona e nella cattiva sorte, trasformando le sue liriche laddove l'Italia non è più uno stato, ma tante piccole miserie.
E in questo giro di giostra è stato anche napoletano. E forse, in quel momento, lo è stato di più di qualunque altro napoletano.



Sapete cos'è la Baggina?
Se non lo sapete o non siete milanesi, o non siete aggiornati sulla recente storia d'Italia.
Leggo testualmente da Wikipedia:
"Il Pio Albergo Trivulzio è un ospizio per anziani di Milano. Viene chiamato anche Baggina dai milanesi, ma il nome ufficiale è Azienda di servizi alla persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio."
Siete sicuri che questo nome non vi dica nulla?
Vi rinfresco la memoria.
Il 17 Febbraio 1992 un pool di magistrati milanesi diede inizio a quella rivoluzione politica che passò alla storia con il nome di "Mani Pulite"; un'operazione che avrebbe dovuto traghettare l'Italia da Tangentopoli alla Seconda Repubblica.
Da dove ebbe inizio quel terremoto che portò in manette mezza classe dirigente italiana e perfino un capo di governo (Bettino Craxi, che scampò al gabbio grazie all'ospitalità della ridente Hammamet, città tunisina affacciata sul mare)?
Tutto iniziò da un ospizio per anziani, il cui presidente, tal Mario Chiesa, fu beccato in flagrante mentre intascava una bustarella da 9 milioni di lire. Questo ospizio si chiamava Pio Albergo Trivulzio, o Baggina, come lo chiamano confidenzialmente i milanesi.
Cosa c'entra tutto ciò con De André?
Vedete amici rukki, De André non era un poeta in senso stretto, ma dei poeti aveva tutte le doti, inclusa la più importante: vedeva le cose che ancora non c'erano, intuiva quello che ancora doveva accadere; non come lo storico, che analizza, prospetta e deduce, ma proprio come il poeta, che si sente vibrare, che si illumina d'immenso, che inconsciamente riceve il messaggio del proprio personalissimo arcangelo, senza sapere da dove cazzo sia saltato fuori.
Era la fine del 1990 quando usci' "Le Nuvole". Più di un anno prima di Tangentopoli.
Quel disco si chiudeva con una potente profezia che raccoglieva gli eventi dell'intero decennio futuro, come fosse cronistoria dell'accaduto, con talmente tanta puntualità storica da far pensare al soprannaturale.
"La Domenica delle Salme" inizia cosi':
"Tentò la fuga in tram, verso le sei del mattino, dalla bottiglia d'orzata dove galleggia Milano. Non fu difficile seguirlo, il poeta della Baggina, la sua anima accesa mandava luce di lampadina."



E con questo vi lascio.

Ciao Rukko Fabrizio.
Buonanotte rukkacci maledetti.

FINE DELLA PUNTATA SPECIALE

domenica 4 gennaio 2009

Prima Puntata

Chi sono io? Uno qualunque, non temete. Il fatto di poter stare qui davanti ad un microfono, senza che nessuno mi abbia elargito particolari raccomandazioni o intimato cautele, mi rende però un privilegiato. E di questo privilegio intendo approfittare, da subito. Immagino che il jingle che vi tartassa da una settimana abbia suscitato in voi una qualche curiosità e dato che è la prima puntata mi sembra giusto per prima cosa esaurire i convenevoli: che vuol dire Rukki Power? Rukki è la volgarizzazione di rookie, ovvero la matricola, quello alle prime armi, quello non ancora inserito nell’”ambiente”. E’ un termine in voga negli ambiti sportivi americani, dove il rookie è il giovane di belle speranze, talentuoso, magari fresco di college, che però ancora deve dare prova delle sue reali capacità. E’ in qualche modo sottoposto ad un test che dura il tempo necessario per decidere se si tratta di un vero talento emergente o di una topica di qualche manager poco esperto.Ecco, il rookie sta nel limbo e ne uscirà vincente o sconfitto; in ogni caso non sarà più tale una volta messo il piede fuori. Mi sembra chiaro quindi che intitolare questa trasmissione Rukki Power ha un po’ il sapore del manifesto programmatico: potere agli inadeguati, a quelli che non sono né carne né pesce, che stanno lì in attesa della loro occasione; è a costoro che voglio parlare in queste notti, perché è con costoro che sono in sintonia… sono uno di loro, un rukko!Ma non temete, non sarò da solo a delirare nella notte; non vi annoierò di parole a torrente come un predicatore che vuol vendervi amuleti. Con me ci saranno loro: le canzoni. Tanta musica che voglio farvi ascoltare e che voglio raccontarvi per condividere la magia delle note nel silenzio della città addormentata. Un vecchio blues, una suite barocca, una ballad malinconica… è con loro che ci consoleremo fin quando i pensieri faranno posto ai sogni.E allora partiamo! Signori da stanotte i menestrelli tornino a suonare, perché il potere è nostro!



Era lei, la signora del rock, Patti Smith che ci ricorda che il potere è della gente. Come cominciare meglio? Beh Patti, hai torto, il potere non è della gente! Non lo è mai stato e mai lo sarà, in barba a tutti coloro che hanno combattuto per la vera democrazia e per la libertà! Io non sono libero, nessuno di noi è libero là fuori. Mi dicono cosa devo mangiare, cosa devo mettermi addosso, che auto guidare, che donna amare, che figli crescere! Mi insegnano cosa è giusto e cosa è sbagliato, come comportarmi in tutte le occasioni e cosa è giusto desiderare. Pilotano i miei sogni, mi rendono ambizioso, competitivo, ma mai fuori posto. Eppure si prendono cura di me: mi condannano se fumo, mi obbligano ad indossare le cinture di sicurezza… ehi la mia salute gli sta a cuore! Quasi quasi mi commuovo e li sto a sentire! E' più comodo sapete?
Ma ci rende schiavi!
Per cui io adesso accendo una Chesterfield, ecco, ahh, mi metto comodo sul mio sedile, una mano sul cambio, l’altra sul volante e senza cintura allacciata mi godo l’autoradio che canta:



Immaginate la scena: auto scura, notte fonda, fanali puntati sull’asfalto di una strada qualunque, ma di sotto si vede il mare. La radio sussurra le note con la voce di Kilye Minogue (che d’altra parte oltre al sussurro non arriva, ma in questo brano è funzionale), mentre Nick Cave la incombe con potente ma romantico contrappunto. L’aria è fresca, piacevole, profuma di mare e fiori di zagara, dal finestrino semiaperto l’aroma di una Marlboro confonde gli odori della natura costringendoli a farsi più intensi; il motore emette un lieve sibilo per non disturbare il rumore del mare. Tutto è magico. Adesso il piano si sposta all’interno dell’auto: l’uomo guarda dritto davanti a se, un po’ spettinato dal vento, mento regolare, spalle forti, presa sicura sul volante. Il piano si allarga: l’uomo indossa una camicia bianca che illumina per un attimo il buio intorno. La camicia è attraversata da una barra nera diagonale. Barra nera? Ecco! Qui mi immagino Frank Capra che urla: “Che ci fa quello stronzo con la cintura di sicurezza??!!! Cazzo, cazzo, cazzo era perfetta!!! Licenziate quell’idiota cazzo, cazzo cazzo!!!!” E se ne va sbocconcellando la sceneggiatura.
No dico... ve lo immaginate Dennis Weaver in DUEL che lotta contro un camion impazzito indossando la cintura di sicurezza?



Oh porca malora! In un pezzo del trailer ce l'ha! Ah ah ah! Vuoi vedere che hanno ragione lorsignori?

Bene, mi dicono dalla regia che ho solo pochi minuti per concludere questa prima puntata. E allora voglio dirvi solo questo: so già cosa state pensando: "Ehi amico non sei mica cosi' originale. Di predicatori radiofonici ce ne sono già stati abbastanza." Sapete cosa vi rispondo? "E chi se ne fotte!".
Non voglio essere un altro Jack Folla o paragonarmi a Peppino Impastato. E sapete perchè? Perchè io non sono buono. Perchè io non faccio la morale a nessuno e nè tantomeno sono un eroe come il buon Peppino.
Io sono uno strafottuto giocatore di poker, che sbarca il lunario vivendo di espedienti, che se può fottere il prossimo lo fa senza scrupoli. Non son qui a dire cosa è giusto e cosa è sbagliato e siccome non ho nemmeno le palle per sfidare chicchessia, mi nascondo dietro un microfono nell'anomimato. Allora mettiamo subito in chiaro una cosa: sono un anarchico, fancazzista e sbruffone. Per raggiungere la mia felicità sono disposto a calpestare quella degli altri. Non conosco la pietà. Non mi commuovono le disgrazie altrui. Me ne fotto del mio prossimo.
E' sbagliato dite?
Voglio raccontarvi una storia.
Ero un ragazzo sensibile che da poco iniziava a sedersi ai tavoli seri.
Una notte c'era un tizio che perdeva una cifra inaudita. Mi ci ero scontrato anch'io un paio di volte soffiandogli due piatti importanti.
Quando ormai la sua situazione era disperata mi capitano in mano quattro sette serviti. Lancio il mio chip in attesa di rilanci e invece passano tutti, guarda caso, tranne lui, che mette sul piatto un bel gruzzolo. Aveva full... il pirla.
Beh a quel punto avrei dovuto schiacciargli la testa con un ulteriore raise e invece...
Invece il ragazzo sensibile si fa prendere dalla pietà. Mi limito a vedere il piatto e mostro i quattro sette. Un compagno mi sussurra "Ehi sei pazzo? Non hai rilanciato?" Gli rispondo "Non ho voluto infierire."
Sapete come è finita quella partita?
Ho perso qualche milione di lire, ho firmato un assegno che avrei dovuto coprire inventandomi chissà cosa, secondo voi intestato a chi? Bravi, indovinato. Lo stronzo ci aveva ripuliti ben bene dopo altre due ore di gioco.
E io da allora non ho pietà.
Se vi sta bene io sono cosi'. Se non vi sta bene cambiate stazione.
Ma se siete ancora qui allora unitevi alla mia banda stanotte. I ragazzi sono tornati in citta!



Alla prossima puntata.