lunedì 26 gennaio 2009

SESTA PUNTATA

Cos'è la musica popolare?
Che differenza c'è con il pop(ular)?
Beh, per quelli come me che sono cresciuti negli anni '80, la musica popolare è Michael Jackson, Madonna, tutto ciò che passa da Sanremo, i Duran Duran, ma anche Vasco, Ligabue... e perchè no, Elvis, i Beatles, i cantautori.
C'è stato un momento in cui tutto era musica popolare, fatta eccezione forse, per Luigi Nono, Luciano Berio, Karlheinz Stockhausen e pochi altri "noiosi oltranzisti intellettualoidi".
Insomma la differenza era di sostanza, non di forma.
Niente di più sbagliato.
Pop, la definizione più abusata del secolo, è un'attribuzione posticcia. E' un'etichetta di fruizione, non un canone stilistico.
Mi spiego meglio:
Dimitri Shostakovich ha scritto la sua "Suite de Jazz" negli anni trenta. Non fatevi ingannare dal titolo, non c'è nulla di meno jazzistico al mondo, ma si tratta di composizioni dal gusto classico, soprattutto valzer decadenti in linea con il gusto imperante all'epoca nei salotti borghesi dell'Est Europa (quelli descritti da Sandor Marai in "Confessioni di un borghese" per intenderci).
Sessant'anni dopo Stanley Kubrick inserisce il Valzer N.2 della "Suite de Jazz" nella colonna sonora di Eyes Wide Shut, il film con Tom Cruise e Nicole Kidman protagonisti.
Ed ecco il miracolo: un valzer di Shostakovich esce dall'empireo colto e diventa POP.
Quale potrebbe essere l'accostamento stilistico tra Valzer N.2 e Gold degli Spandau Ballet? Ovviamente nessuno.
Eppure sono pop entrambi, perchè entrambi hanno un ambito di fruizione allargata.
In poche parole è pop tutto ciò che piace e ha successo di massa, indipendentemente dal genere, indipendentemente dallo stile e, udite udite, indipendentemente dalla qualità.
Può essere più POP Beethoven di un Nino D'Angelo convertito all'etnico che rimane nella sua nicchia. Ma ancora di più, è certamente più POP Bach degli Agricantus.
Siamo noi a decidere. E' il popolo (POP) che per la prima volta è davvero sovrano. Ognuno di noi contribuisce a far diventare un disco POP.
E' un po' come lo scrittore che lascia il romanzo nel cassetto. Finchè nessuno lo legge lui, pur avendolo scritto, non sarà mai uno scrittore.
Un quadro, finchè nessuno lo vede, non è arte. Fosse anche Monnalisa.
Un disco, se non vende, non è POP. E lo stile non c'entra nulla.
E allora mi fanno ridere quelli che mettono etichette a tutti i costi, che quando ascoltano un brano sanno già appenderlo ad una categoria. Avrei sfidato chiunque, ascoltando Valzer n.2 negli anni '80 a definirlo POP; e invece le vie del pentagramma sono infinite!
Però... come sempre c'è un rovescio in questa medaglia.
Appurato che ciò che vende è POP e dato per scontato che nessuno fa un disco per evitare che venga venduto (eccezion fatta, forse, per i Cocteau Twins!), l'industria discografica ha stabilito alcuni parametri vitali, senza i quali un disco non viene prodotto.
Ed ecco il mostro! Il POP costruito a tavolino.
Dalla fine degli anni '70 in poi, il POP diventa stile in quanto "intenzionalmente creato per vendere".
Quel genuino intento di fare arte che solo accidentalmente (o comunque nelle speranze di chi lo proponeva) accedeva al mercato e diventava POP, da quel momento in poi diventa POP in partenza. Quella che prima era un'attribuzione "a posteriori", dipendente esclusivamente dal gradimento, oggi è stile, modus operandi, genere musicale.
Oggi siamo tutti in grado di stabilire, come in un processo alle intenzioni, se un brano è POP, anche se ancora l'ha comprato solo la zia e la fidanzata dell'autore.
Tutto questo a scapito di cosa?
Di ciò che nella musica ha, forse, più valore della musica stessa: LA SINCERITA'.
Mi sto contraddicendo? Si', mi sto contraddicendo. dimenticate tutto ciò che ho detto finora. Il POP è, tristemente, drammaticamente, uno stile, un genere (non solo musicale, sia chiaro).
E non sto ad addentrarmi nelle definizioni care a Andy Wharol, nè a entrare nel ginepraio sofistico che differenzia POP da POP ART. Vi basti sapere che secondo le definizioni più estreme è POP tutto ciò che è riproducibile. Per essere ancora più estremi (ma anche semplicistici): un quadro è arte, la sua riproduzione è POP.
Un quadro che nasce già per essere riprodotto (vedi la Marylin di Warhol) è POP ART.
Ho bisogno di un sorso di Absolut, sto iniziando a perdere il filo!
Ahhhh ecco! Ora va meglio.
Ma perchè vi sto raccontando tutto ciò?
Per un semplice motivo. Voglio farvi ascoltare un po' di musica popolare. Quella vera, quella che non ha bisogno di nulla per essere tale, quella che nasce dalle radici, quella che venda o non venda, piaccia o non piaccia, è e sempre sarà musica popolare, quella che non ha bisogno di scaltri discografici per diventare tale, che non ha nulla di costruito, perchè viene da lontano, lontanissimo. Un esempio?



Che io sia un fan dei MATTANZA ormai non è un mistero, ma non è per questo che ho scelto questa loro "Vitti na crozza".
L'ho scelta perchè è un simbolo. Il simbolo di qualcosa di enorme, potente, antico. Questa cosa si chiama RISPETTO.
Non fraientendetemi, dopo POP, la parola RISPETTO è la seconda più abusata del secolo. "Non faccio l'amore con lei perchè la RISPETTO" (???) "E' un uomo di RISPETTO" (Ma chi? Riina?????). "Il nostro partito RISPETTA le tradizioni" (SIC!).
Il RISPETTO di cui parlo qui è qualcosa di molto più grande: è il rispetto per tutti noi. Ed è il rispetto per chi aveva qualcosa da dire.
"Vitti na crozza" la conoscono tutti, ma ditemi, fratelli rukki, non avete notato qualcosa di strano in questa versione?
Rifletteteci un po', io intanto accendo una Chesterfield.
Non vi è venuto in mente niente? Riascoltatela.
Ancora niente?
Beh manca qualcosa. Manca il famigerato "TIRULLALLERU".
Alla fine della strofa siamo tutti abituati a sentire questo malefico inciso. TIRULLALLERU.
Malefico perchè posticcio e per l'appunto IRRISPETTOSO.
Malefico perchè banalizzante.
Malefico perchè costruito a tavolino: tutto deve diventare ballabile e una banale cellula sonora inserita in questo contesto allegerisce e rende POP il brano.
Ma siete mai andati oltre il TIRULLALLERU? Vi siete mai soffermati sul testo?
Vi aiuto, traducendo una delle strofe più significative:
"Se ne sono andati i miei anni, se ne sono andati non so dove.
Ora che sono arrivato a ottant'anni, chiamo la vita ma è la morte che mi risponde..."
Ecco, a questo punto a qualcuno è venuto in mente di inserire un gioioso, ballabile, allegro "TIRULLALLERU LLALLERU LLLALLERU LLALLA'!"
Ma pensate davvero che l'autore, dopo aver scritto quelle parole, avrebbe mai concepito un abominio simile? Naturalmente no. E infatti questo brano che ha radici lontanissime, è stato barbaramente rivisto e corretto negli anni da altri autori, da pseudo arrangiatori, che lo hanno ridotto a parodia di sé stesso, mancando di RISPETTO all'autore, ma soprattutto, mancando di RISPETTO a noi tutti.
Mi ricordo quando con Mimmo Martino andammo a vedere il concerto di un mostro sacro della musica etno/popolare di cui non faccio il nome. A un certo punto venne fuori "Vitti na crozza" con tanto di TIRULLALLERU allegato.
Feci una fatica enorme a trascinare fuori Mimmo che urlava "vergogna!" e rischiava un infarto. Forse fu allora che si decise ad inciderla con i suoi Mattanza in una versione finalmente "non deliberatamente POP".

Se da questo avete dedotto che "POP = mancanza di RISPETTO", forse siete stati manichei, ma non lontani dalla verità. Ciò che diventa POP perchè merita di essere conosciuto è un conto, ciò che nasce POP per essere conosciuto (e venduto)in fretta è un altro. Ma amici rukki, rifletteteci la prossima volta che comprate un disco. Non permettete che vi prendano per il culo. Esigete RISPETTO da chi vi fa pagare 25 euro un CD. E se proprio non potete fare a meno di quel motivetto che avete in testa da giorni... SCARICATELO GRATIS, abbuffatevene e cancellatelo, prima dai vostri files, poi dal vostro cervello. Che lo spazio è limitato sapete? E di musica da immettere ce n'è tanta.
Come quella che sto per farvi ascoltare: un gruppo che non c'è più, una "bella figliola che si chiama Rosa", una canzone nata per emozionare, non per vendere. Signori Rukki: i KUNSERTU.



Ora voi potreste dirmi: si' ok Bico, ci stai propinando che la musica vera deve essere triste, impegnata, intrisa di sociale, o cantare l'amore onirico, che il ballabile equivale al mercimonio!
E chi l'ha detto?
Conoscete il Parto delle Nuovele Pesanti?
Un consiglio, alzate il volume. E divertitevi!



A volerla vedere tutta, questo "scherzo" del Parto è una visione illumiata del problema dell'immigrazione negli anni del dopoguerra... ma forse è la Absolut che comincia a fare effetto. Nel frattempo, come disse Fred Astaire prima di chiudere gli occhi per sempre: "Ho solo ballato".

Buonanotte Rukkacci.
Alla prossima puntata.

2 commenti:

  1. Che puntata meravigliosa Bico!
    I Mattanza che adoro...il Parto che sono travolgenti e i Kunsertu che ho scoperto da poco (purtroppo)
    Grazie...

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  2. Grazie a te amico rukko. Chiunque tu sia.

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