domenica 25 gennaio 2009

QUINTA PUNTATA

Vi siete mai chiesti da dove venite?
No, non la città o il paese, ma la vostra storia.
La vostra storia personale intendo, perchè siete quello che oggi siete, perchè fate quello che oggi fate, quali sono le radici del vostro pensiero politico, religioso, o semplicemente perchè impazzite per i gamberi e proprio non sopportate il tartufo?
Ve lo siete mai chiesti? Avete trovato risposte?
Io me lo sono chiesto oggi, forse per la prima volta.
Mi sono chiesto quando sono diventato un giocatore di carte, e ho scoperto che è stato molto prima di quanto immaginassi.
Era il 1986, avevo 13 anni e per caso vidi la scena finale di "Regalo di Natale", quella in cui Carlo Delle Piane mostra le quattro donne che condannavano alla rovina Abatantuono. Fu in quel preciso istante che diventai un giocatore di poker, anche se mi avvicinai a un tavolo vero solo parecchi anni dopo.
Da questo ho iniziato una catena a ritroso nel tempo, ho incominciato a costruire il mio puzzle. E' stato strano. Chi ha avuto un incidente in moto o ha vissuto una situazione di vero pericolo sa che è vero, che non è un luogo comune, che davvero ti passa la vita davanti, ma la vita vera, quei pochi istanti, quelle poche immagini che ti hanno fatto diventare quello che sei.
Si' amici rukki, la nostra vita è un pugno raso di immagini, di suoni, di parole. Niente di più. Il resto è il dovuto tributo all'incidente di essere nati.
Un amico mi scrive: "...Oggi, quando le alterne vicende della mia vita mi portano a riflettere, a pensare ai miei errori penso: il primo disco che ho comprato è stato 17 Re, non posso essere cosi' deficente come sto pensando in questo momento. Metto su quel disco, anzi quel vinile, e mi basta per illudermi di non essere un perfetto idiota..."
Leggendo queste parole mi sono fatto prendere dal panico. Il primo disco che ho comprato è stato "Holiday" di Madonna!
Ma poi ho pensato a quando sono diventato un giocatore e mi sono chiesto: qual è stato il primo disco che ho comprato DAVVERO.
E allora l'ho visto. Impresso nella mia memoria come una cicatrice di guerra, il momento in cui ho deciso che ruolo avrebbe avuto la musica nella mia vita. Il mio primo disco l'ho comprato molto tempo prima, quando nell'estate del 1980, una tv locale mandò un video, lo spezzone di un film. Non dimenticherò mai quei martelli che marciavano a passo marziale mentre attorno tutto era guerra, distruzione, morte. Quei ragazzini come me che marciavano verso il conformismo per essere stritolati da un enorme tritacarne, quel treno che portava in nessun luogo, o forse ad Auschwitz, o forse alla fine del mondo. E su quel treno quei volti, quelle maschere oscene, quell'identità perduta.
Senza saperlo, stavo anch'io costruendo un altro mattone nel mio muro.



Ho imparato a conoscerli tutti i mattoni del mio muro:

Un bambino che cade in un un pozzo, un bambino come me. In un luogo che senza quell'episodio sarebbe rimasto solo un cartello di strada statale: Vermicino.

Pertini che si alza in piedi esultante al secondo gol di Tardelli nella finale dell'82.

Una Renault 4 attorniata di persone, qualcuno che apre il baule posteriore e dentro c'è il cadavere di un uomo. All'epoca non sapevo neanche chi fosse Aldo Moro, nè me ne fregava nulla. Ma è stato il primo uomo morto che ho visto e che sapevo non essere finto come nei western che piacevano a mio padre.

I ragazzi di una scuola inglese che salgono sui banchi urlando "O Capitano mio Capitano".

Stefania Rotolo che balla fasciata da una tuta rosa.

Un giornale porno trovato sotto un sasso, dietro il canneto del giardino condominiale.

Goldrake in bianco e nero.

Il mio gatto schiacciato sotto i copertoni di una Fiat 850.

L'isola di Dino che appare all'improvviso dietro una curva della strada di San Nicola.

La bambina bionda che faceva i compiti alla luce della finestra di fronte alla mia.

Il negozio di peluche enormi dietro piazza Navona.

I Clash che cantano "Rock The Casbah".

Il pacchetto di N80 nascosto in una buca.

Mio padre vestito da Babbo Natale.

Bono Vox che pianta la bandiera bianca sul palco mentre un rullante scandisce il ritmo di una maledetta Domenica.

Uno stadio che diventa trincea, uomini morti, uomini feriti, sangue e lacrime. E Platini che segna su rigore.

Il volto ruvido di Osvaldo Bagnoli.

La ragazza dallo sguardo miope che nell'estate dell'89 mi faceva battere il cuore e sentire vivo, mentre attorno tutto odorava di gelsomino.

Il corpo di Gilles Villenevue che rimbalza sull'asfalto.

Un ragazzo dal volto triste e una chitarra in braccio.



Non sono ricordi. Non sono frammenti di memoria. Sono me. Quello che sono. E anche quello che non sono e forse avrei voluto essere.
Come un incidente al quale sono sopravvissuto.
Come un ricordo che mi sopravviverà.

Buonanotte rukkacci della malora.

2 commenti:

  1. preso di petto e scritto di pancia eh? ...non ho molto da dire.. tranne che è la cosa migliore che abbia letto da un pò... e grazie per Jeff! ci voleva. ciao rukko!
    fran

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