sabato 6 giugno 2009

FUOCHI NELLA NOTTE puntata sei della nuova era

E c'era una volta un bar.
Chi non ha nei propri ricordi un bar? Il "non luogo" per eccellenza, il più celebrato, il più evocativo.
Benni ha scritto il leggendario "Bar Sport", Guccini le sue "Comiche da bar", Ligabue cantava del "Bar Mario", Pupi Avati ha messo in pellicola "Gli amici del bar Margherita" e potrei citare all'infinito.
Ognuno di noi potrebbe raccontare del "proprio" bar.
Il mio era sordido, squattrinato, circondato da ben più blasonati ritrovi, tana di scarafaggi e chissà quali altre bestie, gestito da un uomo buono, un po' filosofo e un po' cialtrone, capace di citare Sartre mentre ti serviva un caffé che era poesia.
Poi c'erano loro: gli avventori. E io: l'unico frequentatore abituale che restava lì ben oltre il tempo di un caffé veloce. Ad osservare.
L'unico sì, perchè il bar non era accogliente, non c'erano tavolini per sedersi, non c'era nulla che ti trattenesse oltre il necessario. Tranne loro, gli avventori.
Li passavo in rassegna con discrezione, appoggiato alla trave del retrobottega, dove mi ero creato un "osservatorio privilegiato" (erano anni che volevo usare questa locuzione!),da dove guardare non visto. Raramente uscivo allo scoperto e solo per approvvigionarmi di droga nera e luisone del '64.
Un voyeur in piena regola, ma un voyeur elementare. Curioso di tutto, ma interessato a niente. Cinico nel trafiggere, magnanimo nel sorvolare.
Li vedevo passare tutti, ad orari regolari, con la puntualità delle pause lavoro che ho imparato a conoscere anni dopo.
C'era il tecnico onniscente, lo sportivo incallito ed enciclopedico che conosceva a memoria ogni formazione della Reggina dal dopoguerra ad oggi. Guai ad intavolare con lui un discorso sul calcio: tu ti stancavi, lui no. E soccombevi.
C'era il fesso, quello che tutti sfottono, quello che diventa automaticamente lo zimbello di ogni passante, quello che poi, laureatosi in ingegneria aerospaziale, si è goduto il codazzo di ex persecutori da bar che in fila indiana andavano a elemosinare un lavoro nell'azienda di cui è dirigente.
C'era l'allegrone, quello con la barzelletta fresca fresca, che ti tocca ovunque mentre parla con voce di un decibel più alta di qualunque altra cosa attorno, che ride sempre, che scherza sempre. Quello che scopri avere un figlio malato terminale, lasciato dalla moglie pochi anni prima, solo come un cane ad affrontare una vita bastarda.
E c'era Genio, diminuitivo di Eugenio, che fregava lo stato con una finta pensione di invalidità e pertanto "si appendeva i laureati ai coglioni".
C'era il Professore, uomo anziano, distinto, dall'eloquio forbito e i toni pacati. Dispensatore di massime illuinanti e consigli sulla buona creanza. Ho scoperto anni dopo, alla sua morte, che il Professore era stato un semplice ciabattino, arrivato a stento alla quinta elementare che viveva in un metro cubo di casa popolare tirando avanti grazie alla pensione sociale. Ma nonostante ciò, per tutti, me compreso, è sempre rimasto Il Professore, con la "P" maiuscola, per rispetto e perchè la sua laurea di strada non sarebbe mai finita appesa ai coglioni di Genio.
E poi c'era lei.
Lei che entrava avvolta dalla luce.
"Una bellezza antica" dicevano, ignorando la differenza tra "antica" e "senza tempo".
Sorrideva sempre, anche agli apprezzamenti volgari, ai tentativi più banali di corteggiamento. Sorrideva mentre beveva il caffé attorniata da avventori pronti a lasciare la propria moneta sul bancone, tronfi nel declamare a voce più alta possibile "Per la signorina offro io!". Una gara sul tempo che vincevano a turno, in cambio di un sorriso.
Ed io?
Io mi schiacciavo ancora di più sulla mia trave, con le guance che avvampavano e il cuore che correva. E la osservavo, mentre si muoveva a rallentatore con quell'eleganza mai forzata, con quella bellezza mai ostentata, con quel sorriso capace d'amore, capace di morte.
Quanto avrei voluto uscire dalla mia tana e dirle "...senti, senti, io ti dovrei parlare e poi, prendendo la sua mano sopra il banco, non so come cominciare... non la vedi non la tocchi oggi la malinconia? Non lasciamo che trabocchi vieni andiamo, andiamo via!"
Ma non avevo una strada bianca che mi chiamava e quello non era un Autogrill.
Allora il tempo era un'opportunità e non, come adesso una sfida.
Pensavi di averne tanto e di poter rimandare il momento ancora e poi ancora e ancora, perchè fosse quello perfetto, l'unico giusto, l'unico possibile.
Il ragazzo chiese al vecchio:
"Com'è che non ti sei mai sposato?"
"E' la solita storia. Vorresti chiederle di sposarti, ma pensi che ancora non sia il momento. Poi succede che lei sposa un altro e tu non fai che rimpiangerla. Che succede poi? Succede che invecchi."
Quel momento naturalmente non arrivò mai.
Oggi quel bar non c'è più, al suo posto un piccolo negozio di frutta e verdura. Il barista/filosofo ha trovato lavoro in una fabbrica di mattoni, e forse è più felice così.
Genio è stato scoperto e denunciato.
Il figlio dell'allegrone è morto in una clinica di Parigi, portandosi via la sua anima e gli ultimi , miseri risparmi del padre.
Lo sportivo enciclopedico conduce un seguitissimo programma radiofonico sulle vicende della Reggina Calcio.
Francesco, il giullare di Dio, è diventato Bico l'eretico. Il suo cuore batte di meno e le sue guance non avvampano più. Ha smesso di bere caffé e di guardare il mondo da una trave.
Lei sorride come allora, anche se non è più lei. Anche se la sua strada non incrocia più quel bar. La sua bellezza "antica" è andata oltre il tempo e in altri luoghi qualcuno ancora si batterà per urlare "Alla signorina offro io!".
Adesso che sono uscito dalla tana voglio urlarlo anch'io.
Ti offro una canzone.
L'unica possibile.



Buonanotte ragazza del Bar Mimmo.

Buonanotte rukkacci maledetti.

5 commenti:

  1. Bello spaccato di vita, di emozioni, di sentimenti, di sguardi che non moriranno mai, di parole rimaste appese nel tempo, di desideri che non ci daranno mai pace.
    Commovente.

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  2. puoi farmi un riassuntino?

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  3. hai l'orologio..... indietro.

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  4. Grazie ragazzi: Mi si è aperto un mondo!
    Da sempre avvertivo che la classica suddivisione greca dello zodiaco fosse insufficiente a descrivere la complessità del nostro essere e sospettavo fortemente che l'umano destino fosse contenuto nel flusso di globuli rossi e bianchi. Adesso ne ho la conferma scientifica.
    Solo un tenue dubbio mi rimane: che peso ha il fattore? Può configurarsi come un equivalente zodi-ematico dell'ascendente? Detto in soldoni, un gruppo A RH positivo ha lo stesso oroscopo sanguigno di un gruppo RH negativo?
    Aspetto con ansia un vostro dotto chiarimento su una così spinosa questione.

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  5. riletto meglio... cn la lucidità regalata da una lunga notte di lavoro e da una ceres fresca. cn la serenità aiutata da priscilla accanto e il sapore negli okki di un mattino qualunque d giugno.
    ammetto una lettura diversa dalla mia. senza esagerare nel darti ragione, ovvio: queste sono cose terribili e nn dovrebbero mai avvenire!
    ma sotto sotto m viene da pensare ke 'sto bico abbia buon gusto... ;)

    col.k

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